IL TRIBUNALE DI VERBANIA 
 
    Letti gli atti  dell'emarginato  processo  a  carico  di  Cardana
Cristiano, nato a Premosello Chiovenda (Verbania) il 1° ottobre 1944,
imputato del reato p.e.p. dall'art. 10-bis,  decreto  legislativo  n.
74/2000 perche', nella sua qualita' di  legale  rappresentante  della
ditta «Tecnologie costruttive S.r.l.»,  con  sede  in  Verbania,  non
versava,  entro  il  termine  previsto  per  la  presentazione  della
dichiarazione annuale di  sostituto  d'imposta,  ritenute  risultanti
dalla certificazione rilasciate ai sostituiti e riportate nel modello
770 che si allega per € 80.461,00 effettuate nell'anno 2009. 
    In Verbania il 20 agosto  2010,  difeso  di  fiducia  dagli  avv.
Antonio Perazzi e avv. Andrea  Perazzi  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza. 
    Cardana Cristiano e'  accusato,  nella  sua  qualita'  di  legale
rappresentante di «Tecnologie Costruttive S.r.l.», di avere omesso il
versamento, entro il termine  previsto  per  la  presentazione  della
dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, il 20 agosto  2010,  di
ritenute risultanti dalla certificazione rilasciate ai  sostituiti  e
riportate nel modello 770 per € 80.461,00 effettuate nell'anno  2009;
dalla  svolta  istruttoria  dibattimentale  (in   particolare   dalla
deposizione dei testi Borsatti  Antonella,  funzionario  dell'Agenzia
delle entrate, e del C.t. della difesa, Peruzzo Paolo) e' emerso, dal
punto di vista oggettivo,  il  superamento  della  soglia  di  penale
rilevanza pari ad euro 50.000 prevista dall'art. 10-bis  del  decreto
legislativo n.  74/2000,  essendo  incontestato  anche  dalla  difesa
l'omesso versamento di ritenute certificate effettuate nell'anno 2009
per un ammontare di € 70.462,01. 
    In tal modo chiarita la rilevanza della  questione  nel  presente
giudizio,   la   difesa   ha,   quindi,   eccepito   l'illegittimita'
costituzionale  della  norma,  per  violazione  dell'art.   3   della
Costituzione,  sotto   il   profilo   della   irragionevolezza,   per
l'ingiustificato trattamento deteriore dalla stessa previsto,  quanto
alla piu' bassa soglia di punibilita', rispetto alla omologa  ipotesi
di cui all'art. 10-ter, decreto legislativo n. 74/2000, che  sanziona
l'omesso  versamento  dell'IVA  dovuta  in  base  alla  dichiarazione
annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo  al
periodo di imposta successivo, limitatamente ai fatti  commessi  sino
al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148),
nel testo risultante dalla sentenza  della  Corte  costituzionale,  9
aprile 2014, n. 80, Presidente Silvestri, relatore Frigo, che  ne  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale «nella parte in  cui,  con
riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,  punisce
l'omesso versamento dell'imposta sul valore, aggiunto, dovuta in base
alla relativa dichiarazione annuale, per importi non  superiori,  per
ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38». 
    La questione proposta dalla difesa appare  rilevante,  in  quanto
dal suo accoglimento discenderebbe il  proscioglimento  dell'imputato
con la formula perche' il fatto non  e'  previsto  dalla  legge  come
reato, e non manifestamente infondata. 
    Infatti, prima della modifica  introdotta  dal  decreto-legge  n.
138/2011 che ha ridotto le soglie di punibilita' ad euro 50.000,00  e
ad euro 30.000,00, gli articoli 4 e  5  del  decreto  legislativo  n.
74/2000 prevedevano rispettivamente  che  la  dichiarazione  infedele
delle  imposte  sui  redditi  o  del  valore  aggiunto   e   l'omessa
dichiarazione fossero punibili  solo  a  condizione  del  superamento
della soglia stabilita rispettivamente in euro 103.291,00 e  in  euro
77.468,00 di imposta evasa. 
    In applicazione della predetta normativa,  il  contribuente  che,
invece,  avesse  presentato  una  dichiarazione  veritiera,   avrebbe
commesso il reato di omesso versamento dell'IVA, quando l'imposta non
pagata fosse stata superiore a € 50.000; insomma, come  puntualizzato
dalla Corte costituzionale n. 80/2014 rich.), «laddove [...] l'IVA da
versare si collocasse tra l'uno e l'altro limite di rilevanza (50.000
e 103.291,38 euro) fruiva di un miglior trattamento  il  contribuente
che presentasse una dichiarazione  in  veritiera  (non  punibile  per
mancato  superamento  della  soglia)  rispetto  al  contribuente  che
esponesse invece fedelmente la propria situazione  in  dichiarazione,
salvo poi  a  non  versare  l'imposta  di  cui  si  era  riconosciuto
debitore». 
    Ritiene   il   remittente   che   tale   situazione   di   palese
irragionevolezza sussista, limitatamente ai fatti commessi sino al 17
settembre 2011, come detto, anche con  riferimento  alla  fattispecie
incriminatrice  di  cui  all'art.  10-bis,  decreto  legislativo   n.
74/2000, introdotto dall'art. 1, comma 414, della legge  30  dicembre
2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), trattandosi di fattispecie del
tutto omogenea, quanto a  struttura  e  funzione,  a  quella  di  cui
all'art.  10-ter   stesso   testo   introdotta   dall'art.   35   del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito  in  legge  4  agosto
2006, n. 248, modellata esattamente sulla  prima  con  la  previsione
della medesima sanzione penale, della medesima soglia di  punibilita'
e di un momento consumativo collegato ad un  termine  di  adempimento
ben determinato (cfr. Cass., SS.UU., 28 marzo/12 settembre  2013,  n.
37424); trattasi, in  sostanza,  di  disposizione  che,  come  quella
successivamente introdotta  dichiarata  in  parte  costituzionalmente
illegittima,  sanziona  il  mero  inadempimento  di   un'obbligazione
tributaria di pagamento di una somma di denaro, sia pure «in  nome  e
per conto» del contribuente sostituito,  a  fronte  di  una  corretta
autoliquidazione  e  veritiera  certificazione  dell'imposta  dovuta,
senza essere, poi,  riconducibile  al  paradigma  dell'appropriazione
indebita (cfr. Cass., sez. III, 5 ottobre 2001). 
    Si ritiene, pertanto, che  anche  l'omesso  riallineamento  della
soglia di punibilita' del  reato  di  cui  all'art.  10-bis,  decreto
legislativo   n.   74/2000,   nei   termini   operati   dalla   Corte
costituzionale n. 80/2014, alla piu' alta  fra  quelle  previste  dal
testo oggi modificato dell'art. 4, decreto  legislativo  n.  74/2000,
ossia  ad  €  103.291,38,  determini  una  trattamento  sanzionatorio
palesemente sperequato che, per la  sua  manifesta  irragionevolezza,
renda censurabile l'esercizio  della  discrezionalita'  spettante  al
legislatore in materia di configurazione delle  fattispecie  astratte
di reato. 
    Appare, in definitiva, necessario il vaglio di  costituzionalita'
della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui, come nel  caso
di specie, l'ammontare delle ritenute non versate non  sia  superiore
ai limiti di  rilevanza  penale  previsti  dall'art.  4  del  decreto
legislativo n. 74/2000, nella formulazione anteriore al decreto-legge
13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14  settembre  2011,  n.
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